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Critiche

LEONARDO ALBERTI, PLASMARE EMOZIONI


La “sfera multicolor” sembra ruotare nell'universo creativo di Leonardo Alberti come fa il globo terrestre nel sistema solare. Una pittura scultorea o una scultura pittorica a seconda di come la si voglia definire, ma l'esito, singolare quanto inatteso, non cambia. La fusione tra le due arti sta alla base dell'idea con cui l'artista ha concepito e realizzato l'opera, una sorta di mappamondo dove ogni singolo pigmento occupa uno spazio preciso della superficie increspata, scivola e si insinua tra le pieghe delle concrezioni, a simulare terre e acque, montagne e pianure, deserti e ghiacciai, albe e tramonti. Accanto alla rappresentazione simbolica di una realtà naturalistica si può anche leggere l'intento di descrivere una mappa interiore dove sono i colori ad interpretare stati d'animo tra i più diversi: le luci e le ombre, i momenti gioiosi e quelli meno felici. I rossi, gli azzurri, i gialli, i verdi, mai in contrasto ma in dialogo tra loro, danzano insieme, si uniscono in un abbraccio effervescente. Un caleidoscopio di emozioni da cui si sprigiona una forza energetica si trasmette a chi osserva, lasciando intendere un messaggio sotteso ma molto chiaro. Il ruolo plastico del colore attiva vibrazioni intense e cangianti al variare della luce e del movimento roteante, generando un effetto di cui gode lo sguardo, che ne trae beneficio ottico ed emozionale. Esempio assai efficace del potere terapeutico dei colori.
Il lavoro di Leonardo Alberti tuttavia, si svolge prevalentemente su superfici piane ed include anche opere grafiche, portando avanti finalità e significati analoghi. Assai pregevoli sono i disegni a matita che l'artista esegue a mano libera con tratto fluido e veloce, donando una nota realistica alla composizione. Disporsi in sintonia ed in dialogo con la natura stabilendo un contatto a livello emotivo equivale anche a rispettarla e a difenderla.
Immergersi nel creato e avvicinarlo alla nostra interiorità è il dettato che pervade la poetica dell'artista, infatti ogni opera nasce da un elaborato spirituale e meditativo che si traduce nell'immediatezza vigorosa del gesto, nella volontà di immedesimarsi nell'atto pittorico.
L'elemento cromatico si fa rilievo vivo, spontaneo e rasserenante, che ha il potere di definire l'immagine rendendola dinamica, vibrante ed evocativa. E nella serie di acquerelli dedicata agli “Stati d'animo” l'artista trasferisce visioni e sensazioni derivanti dalla dimensione meditativa. L'interesse per l'impressionismo e lo studio del fattore luministico sono evidenti anche in opere di carattere figurativo, ma sono le spatolate dense e precise, i tratti materici, sintetici ed essenziali che oscillano tra realtà e astrazione a definire un paesaggio, restituendoci il senso profondo e misterioso della natura, l'essenza delle cose. E' qui che si palesa l'insegnamento del Maestro Sergio Scatizzi che Alberti ha frequentato per imparare la tecnica della pittura a spatola, a cui ha affiancato un apprendistato molto formativo presso lo studio di Emanuele Cappello. A ciò si deve aggiungere la frequentazione dell'Accademia d'Arte AD'A di Firenze. Un buon bagaglio di studi e di esperienze con cui Leonardo Alberti ha assecondato la sua vocazione e la sua immensa passione per la pittura, impegnandosi ad elaborare una cifra espressiva personale, originale nella formulazione e rispondente alla sua inventiva, al suo sentire e ai suoi intenti comunicativi.

“L'arte di plasmare la pittura con emozioni creative” è l'autodefinizione con cui identifica la sua opera riassumendo un concentrato di valori universali troppo spesso tristemente offuscati che riguardano ciascuno di noi e a cui dovremmo porre attenzione.

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Gabriella Gentilini
Accademica d'Onore dell'Accademia delle Arti del Disegno

Leonardo Alberti fra tradizione e innovazione


Nel vasto panorama dell’arte contemporanea, l’opera del fiorentino Leonardo Alberti si propone come spazio a sé per certe interessanti soluzioni innovative costituire da mosaici organizzati in tessere mobili e globi materici sospesi nello spazio o montati su basi. Opere che, partendo dalle ormai storiche esperienze informali, vengono a riproporsi per ‘punti di vista’ nuovi. Giova ricordare come il giovane Alberti, attratto fin dall’adolescenza dal disegno e dal fascino dei colori, poi allievo ai corsi di disegno e di pittura all’Accademia Ad’A, ha maturato la sua vocazione di pittore attraverso la frequentazione di due maestri del secondo Novecento: Sergio Scatizzi e il più giovane Emanuele Cappello. Se da quest’ultimo ha tratto l’insegnamento figurativo della pittura, fiori e paesaggi, l’opera materica di Sergio Scatizzi gli ha trasmesso la passione per gl’impasti cromatici, materia tanto ricca da apparir sontuosa, che lo storico dell’arte Giuseppe Cantelli ebbe a definire “barocco informale”. Pittura di spessore, in tutti i sensi, che nel secondo Novecento ha avuto il suo apice espressivo nella materia di Ennio Morlotti, ma che nei primi anni Sessanta il giovane Scatizzi aveva poetizzato con evocazioni di terre volterrane, marine, fiori, paesaggi. Esempi affascinanti quanto rischiosi da seguire per un giovane artista, stante il pericolo di rimanerne coinvolti fino a divenire epigono di tanto maestro. Rischio, che grazie allo spirito innovativo di Alberti si è rivelato pressoché nullo nonostante il comune divisore per la materia, smarcandosi e andando oltre gli esempi di Scatizzi con invenzioni di opere ben lontane dalle sue. Se la predilezione per gl’impasti materici rimane l’asse portante delle composizioni, i supporti che li accolgono, oltre a tavolette di vario formato ricolme di pastosi addensamenti di materia-colore, comprendono, come avanti anticipato, sfere da appendere al soffitto o sostenute da basi di plexiglass. Globi sui quali la materia, stesa a grumi e ondulazioni dai colori attentamente stesi per armonie complementari, varianti sulla superficie tormentata a seconda degli angoli di veduta dell’oggetto. Opere in cui si può cogliere l’incontro potenziale fra pittura e scultura, entrambe di ascendenza informale, che riguardo ai globi da tavolo l’ausilio di un supporto girevole potrebbe ulteriormente avvalorare, offrendo allo sguardo e al tatto la suggestiva circumnavigazione di depressioni e di grumi, di lacune e altre suggestioni telluriche di materia-colore. Le opere di Leonardo Alberti non sono dunque solo da guardare, ma anche da sfiorare. E così anche le tavolette prima descritte, create in formati diversi, che si offrono con i loro addensamenti e depressioni cromatiche ai sensi visivi e tattili e, per i più dotati di fiuto, anche col senso olfattivo, tanto la materia è cosi spessa e succosa da mantenere per mesi o anche per anni l’inebriante profumo dell’olio. Oltre a queste tavole colme di ricca, multicolore sostanza, ve ne sono altre in cui gli spessori si attenuano, divenendo tracce informali richiamanti motivi arborei o floreali. Colori delicatamente stesi da sapienti tocchi di spatola, così da suggerire, per cangianti volute di verdi, contorti fogliami striati di bianchi, di rosa e di rossi rametti. Composizioni in cui Alberti più s’ avvicina al suo caro maestro, uscendone nel contempo dall’orbita per il soggetto appena suggerito e non ‘scatizzianamente’ espresso nelle finalità descrittive. In più piccole tavole, come tarsie dipinte a large taches di colori armonizzanti tra loro, l’artista sviluppa un’altra delle sue originali invenzioni. Sono i cosiddetti Mosaici avanti accennati, le cui tavolette, come tessere compositive, aderiscono al supporto della tela per mezzo di calamite nascoste. Opere che l’artista crea ma che l’osservatore può sovvertire, sia variandone la distanza sia scomponendo l’ordine compositivo dato dall’autore. “Quadri dinamici”, potremmo titolare questi mosaici ricomponibili a gusto proprio, e umore del momento, del fruitore. All’uso della spatola Alberti alterna il più tradizionale pennello, e nel ricordo del maestro Cappello compone sulla tela fiori e paesaggi interpretati secondo un sentire proprio che si manifesta attraverso stesure di colore rispecchianti stati d’animo. Paesaggi fiorentini, dove la grande nave di Santa Maria del Fiore è resa in un bianco accecante, simbolo evocante la luce spirituale e artistica che rappresenta nella cultura occidentale. Fra altri paesaggi, colpisce uno particolarmente intenso di colore ritraente la laguna di Venezia, dove le calde intensità cromatiche del rosso e del giallo riportano in forte le attinenze cromatiche della scuola veneta. Così, fra i parametri tradizionali della realtà trasfigurata e la forte attrazione per la resa informale della materia-colore, si svolge la ricerca di Leonardo Alberti, traccia affettiva ma non pedissequa dei suoi indimenticati maestri.


Marco Moretti
Accademico d'Onore dell'Accademia delle Arti del Disegno

Leonardo Alberti: il Proust dei pittori contemporanei

 

Dalla biografia di Leonardo Alberti, si evince che la passione per la pittura e il disegno sia presente fin dagli albori della sua infanzia e che, in seguito, sia stata alimentata dalla partecipazione ai corsi di disegno e pittura dell’Accademia Ad’A di Firenze e stimolata dalla conoscenza e dagli insegnamenti dei maestri Sergio Scatizzi ed Emanuele Cappello. Con ispirazioni impressioniste, tracce del romantico Turner e sfumature dell’espressionista danese Eric Nolde, il pittore creativo Leonardo Alberti abdica alla funzione descrittiva dell’arte in favore di un tratto originale che dona alle sue opere un valore espressivo autonomo inventando e costruendo uno stile personale, distintivo e unico.

Ne emerge un’arte ipnotica, a tratti geniale, che sfodera inediti globi materici di corposo colore montati su piedistalli di plexiglass o da appendere; quadri mosaico in cui tessere mobili, legate alla tela con calamite invisibili, si possono spostare a seconda del punto di vista e dello stato d’animo dell’osservatore; quadri orizzontali di pittura-scultura in blocchi di colori tattili che sorprendono nella loro eccezionalità in quanto ogni coagulo di colore materico cattura sezioni di luce libera con un effetto inaspettato; “vibrazioni d’anima” ovvero quadri su sfondo principalmente bianco con nuance di colore che l’artista ha tracciato lasciandosi trasportare dalle emozioni che lo avevano portato a dipingere in quel determinato momento perdendosi nell’oltre della sua mente come se, prima di dipingere, si centrasse su se stesso cercando e trovando la giusta emotività trascinante per comunicare quello che sente come una scossa potente dell’anima che vuole uscire e mescolarsi al mondo.

Celebre è il passo della Recherche in cui Marcel Proust trasporta il protagonista in un viaggio nella memoria tramite l’assaggio di una piccola madeleine. Ecco: le opere di Leonardo Alberti sono come quella piccola madeleine; capaci con un solo sguardo di toccare corde eclissate negli occhi dell’osservatore facendo sorgere emozioni, ricordi e pensieri. Sono lo slancio che traghetta verso l’io intimo di chi le esamina grazie alla loro mistica dualità di pittura-scultura e pura emozione; dualismo che sorprende, sconvolge, spiazza e attrae al tempo stesso. Si potrebbe senza indugio allargare la visione baudelairiana della sinestesia alle opere dell’artista, poiché sembrano possedere una vita propria in virtù della commistione di due dei cinque sensi che si intrecciano: vista e tatto (senza considerare l’olfatto perennemente stimolato dall’odore della pittura ad olio che permane a tempo indeterminato). Per esempio: nel quadro “Marina notturna – Al chiaror di luna in riva al mar” (olio su tavola), la luna ha dei crateri in rilievo: si vedono ad occhio nudo e tentano la mano finché non vengono sfiorati svelando una “luce morbida” che permette alla luna di essere vista persino al buio grazie al sapiente utilizzo della spatola. Ed anche il “bianco sonoro” dell’opera “Melodia del pianoforte” (olio su tavola) in cui i tasti dello strumento sembrano suonare esattamente il brano a cui si stava pensando in una sorprendente sinergia fra l’opera e l’osservatore. Una speciale menzione è da dedicare alle opere più particolari dell’artista e più inedite in pittura, ovvero le già citate sfere materiche che specchiano porzioni di cielo o di paesaggi in movimento in un universo che si riunisce al creato dando una sensazione di pienezza e completezza che coinvolge e incanta.

In conclusione, nell’opera di Leonardo Alberti pennello, spatola e colori a olio non sono i soli interpreti del messaggio comunicativo dell’artista perché sono veicolati da una forte componente di ricerca spirituale e di interazione con l’osservatore. Si potrebbe affermare che le sue opere risveglino quel sesto senso latente in ognuno di noi che porta l’opera a chi guarda ed è chi guarda a sentirsi scelto come se l’opera chiamasse il suo legittimo proprietario ricongiungendosi all’anima a cui appartiene. Nell’attuale scenario artistico contemporaneo, con una rara sensibilità, il pittore creativo fiorentino ha la capacità di dipingere l’umore attraverso l’utilizzo di pennellate dettate dal suo istinto. Le sue opere, materiche e non, sono destinate a esaltare e ispirare per mettere in risalto l’interiorità nascosta dello spettatore attraverso il legame emotivo che è impossibile non sentire echeggiare dentro di sé quando le si osserva in un incontro (o ricongiungimento?) che commuove.

 

 

Giulia Ginevra Giambalvo Dal Ben

Scrittrice e Docente di Lingua e Letteratura Francese

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